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domenica 8 agosto 2010

L'identificazione proiettiva



Il concetto di identificazione proiettiva è stato formulato dalla psicoanalista  in per spiegare un meccanismo di difesa, caratteristico della posizione schizoparanoide, in cui è attivo il fantasma di introdurre sé, o parti scisse di sé sull’altro al fine di possederlo e controllarlo. Ciò conduce a una “particolare identificazione”. Le condizioni iniziali di vita del bambino si realizzano nel contesto della relazione primaria con la madre. Sono le condizioni della primissima infanzia, che è dominata dalla pulsione di morte, dalla prioritaria necessità di integrazione dell'Io e dal dominio delle pulsioni sessuali e distruttive, ad essere prese in esame e a guidare la lettura del fenomeno così come la Klein lo ha descritto.
Per la Klein l'angoscia originata dalla separazione avvenuta con il parto, dalla frustrazione dei bisogni e dalla condizione fisiologica del bambino, minaccia di travolgere l'Io ancora scarsamente coeso, oscillante tra integrazione e frantumazione e assume precocemente il carattere di angoscia persecutoria .
"Il primo oggetto è il seno materno, il quale per il lattante si scinde prestissimo in seno buono, (soddisfacitorio), e cattivo se è frustrante; questa scissione ha come risultato la disgiunzione e la separazione dell'odio e dell'amore.”
Gli oggetti non vengono avvertiti come oggetti “cattivi” soltanto perché “non soddisfacitori” ma anche perché il bambino "proietta su di essi la propria aggressività; egli li immagina come oggetti realmente pericolosi, come persecutori che teme lo divorino, svuotino il suo corpo, lo avvelenino; Queste immagini fantastiche, configurazioni distorte degli oggetti reali, vengono collocate non solo nel mondo esterno ma, con il processo dell'incorporazione, anche nell'Io. Ne consegue che tutti i bambini in tenerissima età attraversano situazioni d'angoscia (alle quali reagiscono attivando meccanismi di difesa) il cui contenuto si può paragonare a quello delle psicosi degli adulti".

Nello sviluppo normale gli stati di disintegrazione vissuti dal lattante sono transitori; peraltro i soddisfacimenti da parte dell'oggetto buono esterno, oltre ad altri fattori, concorrono continuamente a disperdere questi stati schizoidi.

Ma se il superamento della posizione scissa, non avviene, si avrà un punto di regressione o fissazione rispetto al normale processo di sviluppo, riscontrabile in molteplici quadri psicopatologici connessi con i disturbi schizoidi o paranoidi.
L'introiezione, la scissione, la proiezione, l'identificazione proiettiva, l'idealizzazione, la negazione, il dominio onnipotente, il ritiro e la dipendenza sono tutte risposte difensive primitive tipiche di questa ‘posizione'.
Qualcosa di questa angoscia, però già sottoposta a proiezione e in un certo qual modo attenuata, la scopriamo nella paura infantile dei maghi, delle streghe, degli animali feroci ecc.
Nella proiezione eccessiva, oltre all'incremento delle angosce persecutorie, le parti buone della personalità sono sentite come fossero esaurite, perdute, anche questo processo ha quindi come risultato un indebolimento e un impoverimento dell'Io. Ben presto questo tipo di processo si estende ad altre persone e il risultato può essere una dipendenza forte da rappresentanti esterni delle proprie parti buone. Nella relazione oggettuale schizoide si produce la fantasia di prendere possesso dell'oggetto, di farne “un'estensione del Sé per proiezione.

Una delle conclusioni a cui è giunta è inoltre che “l'angoscia psicotica infantile, e in particolare quella paranoide, è legata e alleviata da meccanismi ossessivi che compaiono molto precocemente." (M. Klein, 1935) .Anche la paura dell'intrusione distruttiva o il senso di colpa possono condurre al ritiro dalle persone, oppure al loro vincolo coatto; inoltre, la fantasia di aver distrutto l'oggetto esterno può ripercuotersi anche sull'oggetto interno indebolendo eccessivamente l'Io, apportando senso di solitudine e timore del distacco. “Alcuni aspetti delle relazioni oggettuali schizoidi si possono rinvenire, in misura minore e in forma meno appariscente, anche in individui normali; mi riferisco per esempio alla timidezza, alla mancanza di spontaneità o, all'opposto, l'interesse particolarmente intenso per il prossimo” (1946).

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